Le terribili notizie che ci arrivano dall’Ucraina, le macerie prodotte dell’invasione russa, hanno messo in secondo piano le notizie sul Covid. Purtroppo l’epidemia c’è ancora, molte persone sono malate, alcune gravemente e, ogni giorno, dobbiamo registrare dei decessi.
In questi due anni abbondanti abbiamo dovuto combattere un virus che ha lasciato enormi danni: lutti, persone che sopportano ancora le conseguenze della malattia, danni economici rilevanti che in gran parte hanno colpito chi già stava in una situazione precaria.
Ognuno di noi ha dovuto adeguarsi alle misure che sono state prese per fronteggiare l’epidemia: i vaccini innanzitutto, poi le chiusure, il distanziamento. Misure spesso dure, difficili, che hanno lasciato segni nella vita delle presone, sia sul piano materiale che su quello psicologico.
In questa situazione chi ha ruoli di governo, anche locali, ha dovuto agire con attenzione per il bene pubblico. I sindaci, soprattutto, come primi responsabili della salute cittadina, hanno dovuto prendere scelte importanti e significative. Scelte amministrative e politiche. Non solo atti concreti ma anche prese di posizioni e atteggiamenti che, fatti da chi ha quelle responsabilità, hanno inciso sulla vita della gente.
Proviamo a tornare indietro con la mente ai momenti chiave di questo difficile biennio di pandemia e chiediamoci se l’amministrazione di Monfalcone sia stata all’altezza della sfida, compiendo atti utili e autorevoli, o se invece abbia tentato di vivacchiare ammiccando alle proteste di piazza e ondeggiando a seconda di sondaggi e convenienze politiche. La risposta è nelle cronache di quei mesi difficili, di quella che, nei fatti, si è dimostrata essere la peggiore emergenza che la nostra città ha vissuto dalla fina della II Guerra mondiale.
Se da un lato non ricordiamo la pubblicizzazione di un preciso elenco di tutte le iniziative messe in campo con i fondi a disposizione dei comuni per fronteggiare l’emergenza, dall’altro rammentiamo bene che l’amministrazione ha ondeggiato tra le sceneggiate inutili (continui video su Facebook, lavaggi delle strade quando tutti gli esperti li ritenevano inutili) ed un sostanziale ammiccamento alle posizioni contrarie alle misure anti-Covid, con qualche scivolone nello scetticismo esplicito.
Capiamo che l’amministrazione monfalconese, animata dalla destra leghista, si sia trovata nel mezzo dello scontro, tutto interno alla Lega salviniana, tra coloro che hanno accettato, obtorto collo, le misure di contenimento della pandemia, e quelli che le hanno apertamente combattute. Lotta che come sappiamo ha lasciato i suoi segni anche a Monfalcone, in giunta e nel gruppo consiliare leghista. Ma questo non è un motivo per passar sopra l’atteggiamento in perenne ricerca di visibilità, mostrato in alcune occasioni da chi all’epoca, rappresentava l’amministrazione.
Tra i momenti che non dimenticheremo sta, ad esempio, la cattiva esibizione della sindaca stessa, nell’ottobre del 2020, ad una manifestazione contro le misure anti-Covid. Nelle stesse ore in cui i contagi dilagavano, in piazza lei stava a mostrare vicinanza e solidarietà a coloro che rifiutavano mascherine e misure di contenimento (molti dei quali avrebbero successivamente animato la lotta contro i vaccini). Che dire poi delle molte scelte in controtendenza con il panorama regionale e nazionale, che hanno visto la Monfalcone leghista e cisintiana guadagnarsi le prime pagine del giornale per essere uno dei pochi comuni che continuava a promuovere feste e festicciole (capodanni compresi)? E questo succedeva anche durante i momenti di impennata dei contagi, fasi che avrebbero richiesto atteggiamenti prudenti, anche solo come esempio di sobria responsabilità, da parte degli amministratori, verso la cittadinanza, chiamata a sacrifici notevoli, nelle medesime ore.
La pandemia ci ha mostrato poi quanto importante sia il ruolo della sanità pubblica. Da questo punto di vista la nostra amministrazione non è mai andata oltre la retorica e le comparsate nel nostro ospedale. Altro si dovrebbe fare. Innanzitutto potenziare l’assistenza domiciliare, rafforzare i presidi sociali e sanitari sul territorio. Promuovere la presenza di servizi che aiutino le persone più deboli a vivere la quotidianità nella loro casa e nel loro ambiente, che le sostengano nelle sfide più difficili. Su questo, invece, è stato fatto esattamente il contrario ed in tempi non sospetti, cancellando esperienze positive e riconosciute, come quelle della microarea.
Una amministrazione seria dovrebbe anche preoccuparsi dei presidi sanitari sul territorio, con concretezza, mettendo risorse, incalzando il governo regionale, non telefonando a casaccio nelle case dei monfalconesi. Un presidio fondamentale, ad esempio, è quello dei medici di base e dei pediatri di libera scelta perennemente insufficienti in numero ed oberati di lavoro. Altre amministrazioni locali, in regione, si sono adoperate per contribuire al lavoro di questi insostituibili presidi, per difenderli anche davanti alle politiche regionali di restrizione della spesa sanitaria. Qui da noi tutto ciò non ci risulta sia accaduto.
Certo, la pandemia lo ha mostrato, ma sapevamo già che questa giunta apprezza più i momenti in cui si passa all’incasso che quelli di lavoro oscuro e faticoso. Abbiamo un’amministrazione abituata a re-inaugurare le stesse cose, a ri-presentare più volte gli stessi progetti, in una foga comunicativa in cui l’aspetto più importante sembra il titolo sul giornale, la foto sorridente, la rivista patinata somministrata casa per casa… In una perenne campagna elettorale, continuamente alla ricerca degli umori dell’opinione pubblica.
Per noi invece un sindaco, una giunta, devono lavorare con concretezza, privilegiare la sostanza all’apparire, sapere, infine, che chi ha ruoli pubblici deve tenere un atteggiamento serio, responsabile e di esempio per i cittadini. Soprattutto nei momenti difficili.
Anche su questo abbiamo assistito a un fallimento totale. Bisogna cambiare.