Anche questa settimana la sindaca uscente è salita alla ribalta delle cronache per l’ennesima uscita infelice. Ha detto la sua sulle drammatiche vicende in Ucraina e naturalmente non poteva che metterci il pezzo migliore del suo repertorio: la cattiveria. Sì, proprio cattiveria, perché dire che quelli che arrivano dall’Ucraina sono veri profughi mentre gli altri no è una vera e propria cattiveria. Bisogna esserne accecati per distinguere chi scappa dai carri armati russi da chi lo fa dalle violenze in Siria o dall’Afghanistan dei Talebani.
Questi giorni di guerra, seppur vissuti da lontano, avrebbero potuto essere un modo per riconciliare una comunità divisa, per riscoprire il valore collettivo dell’accoglienza, anziché incitare all’ennesimo distinguo che, nella migliore delle ipotesi, finisce per avere uno sgradevole richiamo geografico.
Oppure la condanna all’invasione russa avrebbe potuto essere spunto di autocritica per chi, stando all’interno della destra ed in particolare della lega, aveva sentito fare, negli anni scorsi, di Putin un mito, anzi uno stra-mito del suo capitano Salvini, con tanto di (misterioso) accordo tra Lega Nord e Russia Unita. Invece nulla di tutto questo, meglio accontentare gli ultras di destra e distrarre gli altri, con le solite sparate contro i “falsi profughi”.
E proprio di distrarre tutti ha bisogno questa amministrazione uscente. Prendete il tema “sicurezza”: bisognerebbe essere chiari una volta per tutte. Se dopo quasi sei anni di amministrazione si insiste nel riempire la città di cancelli, telecamere, chiamare squadre speciali di ogni tipo e si continua a dire che la città è insicura, allora qualcuno lassù in municipio dovrebbe prender atto di avere fallito e dimettersi.
La verità è un’altra e qualsiasi monfalconese la conosce benissimo: questa è una città sicura, ma con dei problemi.
Problemi che si affrontano con serietà e competenza, collaborando con le forze dell’ordine, cioè con chi ha la competenza vera per gestire l’ordine pubblico e non improvvisando ronde di aspiranti Rambo. Questi temi si affrontano con autorevolezza, mentre chi urla in continuazione e scambia Monfalcone con la Chicago di Al Capone, non mostra alcuna autorevolezza e lascia i cittadini interdetti e preoccupati. Questo continuo descrivere Monfalcone in preda alla malavita finisce invece per essere una continua e diffusa pubblicità negativa che insiste in un territorio economicamente già penalizzato. Come ben sanno coloro che gestiscono bar e ristoranti, di questo passo in città non si fermerà più nessuno.
Insomma, smettiamola una volta per tutte con questo film western di serie zeta. Monfalcone ha dei presidi professionali di forze dell’ordine e a questi ci si affidi. Si usi la polizia urbana per i controlli del traffico, delle attività commerciali, degli abusi edilizi, sono professionisti seri e non soldatini nelle mani dell’amministrazione da impegnare in attività forse visibili ma sovente inutili.
Invece avremmo bisogno di una diffusa riscoperta del valore culturale della legalità, di rilanciare le collaborazioni con le associazioni impegnate nel settore, Libera tra tutte, e di mettere, come amministrazione, il massimo impegno nel seguire i processi che riguardano le possibili infiltrazioni malavitose nel tessuto economico del territorio. Dovremmo affrontare una volta per tutte il tema del caporalato e dello sfruttamento nel mondo del lavoro. E poi, vogliamo veramente promuovere una cultura della legalità? Bene, allora ci vuole un grande investimento in cultura e scuola. Ma da noi, perfino per i bambini, accedere all’asilo è diventata un’impresa.
Questa città insomma ha bisogno, prima di tutto, di riscoprire stima di sé e visione di futuro. Di avere qualcuno al timone che le dia sicurezza e non che crei allarmi ogni minuto. Ha bisogno di chi affronti le vere emergenze e non quelle inventate. Tra qualche mese si deciderà anche su questo.