Mi prendo una pausa dell’attualità più stretta per invitarvi a una riflessione su come viene gestita la politica o, meglio, il bene pubblico, a Monfalcone in questi anni.
C’è infatti un metodo, un sistema, nel modo di lavorare e nel porsi verso l’opinione pubblica dell’amministrazione Cisint. Un modo che se analizzato bene ci fa scoprire come in questi anni la città è stata ostaggio di una propaganda ossessiva, vuota e inconcludente che ci ha fatto regredire di anni. Proviamo ad articolare assieme un immaginario decalogo delle cattive pratiche di governo della giunta e della prima cittadina.
In primo luogo la nostra avversaria è in campagna elettorale, sempre. Dal novembre 2016, data nella quale Cisint e la sua armata sono entrati in municipio, siamo sommersi da una campagna elettorale incessante. Comunicati, riviste patinate pagate da tutti che entrano nelle case dei monfalconesi, interviste a non finire, spazi occupati, comunicatori, agenzie e televisioni locali, tutti mobilitati per raccontarci cosa fa la sindaca da quando si sveglia a quando va a dormire… Dirette sui social in pieno stile salviniano… Una ossessione. C’è da chiedersi se tolto il tempo trascorso ad organizzare la propaganda di sé stessa, le sia rimasto tempo di amministrare la città.
In secondo luogo la nostra avversaria mostra una concezione spietatamente monocratica del suo ruolo istituzionale – Il comune sono io – Qualcuno a Monfalcone forse conosce il nome del vicesindaco o di un assessore? Nessuno. C’è solo lei. In ogni dove, su ogni questione, a comandare, dirigere, chiedere, fare. One band woman (e lo dicono anche a destra). Chi dissente, fuori. Un metodo che hanno provato molti e che spiega le tante uscite di scena da parte di diversi suoi amici della prima ora.
Al terzo posto la pratica del – Fare ammuina – . E’ un modo di dire napoletano che sta per “fare confusione”, “fare scena”, cioè quello che fa lei regolarmente: giri, ispezioni, visite a sorpresa (ma programmate), blitz a destra e a manca. Serve a qualcosa? No. Solo a fare scena. Anzi, immagino che le diverse comparsate in ospedale non aiutino un granché chi vi lavora. Visite ai lavori in corso con fare volitivo, come se i tecnici presenti non fossero abbastanza competenti. Grandi sceneggiate, insomma, che non producono alcun risultato.
E poi ancora le grandi passerelle. Alla nostra avversaria piace, un po’ per suo vanto, un po’ per abitudine alla posa muscolare, passare “in rassegna” risorse a disposizione e faraonici progetti. Una pratica di annunci e ipotetico grandeur che ancora, dopo sei lunghi anni, non accenna a venir meno. Cinque milioni di qua, sette milioni di là, questi li mette la Regione, questi li mette la Camera di commercio. Volano milioni da ogni parte come nella piscina di Paperone. Poi non si capisce mai se arrivano o meno. Oltre alle risorse gli stessi progetti vengono dati in pasto all’opinione pubblica una, due, cento volte. Sempre gli stessi, senza che mai si veda un inizio lavori. Infine lo stesso svolgersi dei lavori è oggetto di questa tecnica: iniziamo a febbraio, a maggio, fra sei mesi, fra un anno, cosicché non si capisce mai se sono iniziati o meno. Una cosa è certa: Nessuna amministrazione negli ultimi trent’anni ah mai fatto così poco nel campo delle opere pubbliche. E gli unici lavori fatti in piazza fino ad ora sono state le panchine, levate via ad inizio mandato e mai sostituite.
Passiamo poi alla pratica del “dare sempre la colpa agli altri”. Un atteggiamento mai passato di moda da parte della giunta in carica. Sempre colpa di “quelli di prima”, ovviamente. In pratica tutte le amministrazioni di Monfalcone dal dopoguerra a oggi sarebbero responsabili di mali infiniti mentre solo lei, l’unica, starebbe ridando vita a una città morta. Poco importa che negli ultimi decenni in questa città sia stato completato il sistema fognario, rifatto il centro, risistemato il litorale, ricostruita Panzano, messi a posto l’albergo operai e quello impiegati, la sala espositiva, il Palazzetto Veneto, il municipio, rifatta la viabilità, sistemate le scuole e gli impianti sportivi. Niente. Ha fatto tutto lei. Vi pare normale?
Al sesto posto, in questo immaginario decalogo, sta la consuetudine a dividere, dividere, dividere. Chi rappresenta e dirige una comunità dovrebbe sapere bene che se questa comunità è unita, coesa e sa di avere un destino comune, essa affronta meglio le avversità e i problemi. Invece questa amministrazione ama mettere gli uni contro gli altri. Dividere le persone per appartenenza linguistica, fede, credo politico. “Noi” e gli “altri”; i monfalconesi di serie A e quelli di serie B; i suoi sostenitori e gli avversari; i veri rifugiati e quelli, evidentemente, falsi. Questa è la città che loro hanno in testa. Così, però, non si va da nessuna parte e si finisce per logorare una comunità.
Vorrei ancora parlarvi dello sguardo di questa amministrazione, sempre rivolto all’indietro – Il passo del gambero. Nella testa di questa amministrazione c’è solo il passato. Un’epoca antica immaginaria, dove tutto andava bene e che lei vuole ripristinare. Pilo, feràl, tradizioni inventate, tempo e risorse a inseguire un mondo mai esistito. Nel frattempo nessuna attenzione per i giovani, la scuola, il lavoro, il futuro, insomma.
Poi non si può dimenticare dei pugni che diventano “carezze”. Appena arrivata la nostra sindaca aveva promesso di battere i pugni in tutti i tavoli che contassero qualcosa. Decine di tavoli sarebbero stati sfondanti per ribadire i diritti di Monfalcone. Una lezione che nessuno si sarebbe risparmiato. E invece? Invece, dopo quasi sei anni, possiamo dire che molti tavoli non hanno ricevuto nessun pugno, anzi, molte carezze. Così Fincantieri può fare ciò che vuole, A2A che ripristinerà l’uso del carbone, la regione riordina la sanità depauperando i servizi socio-sanitari, quella stessa amministrazione regionale che, da quando ha assunto i colori verdognoli, non può (più) essere criticata. Con gli altri invece, chi non la pensa al suo stessa modo, l’aggressività impera. Ed il pugno duro? Quello alla fine, è rimasto con i deboli: lavoratori, immigrati, chi vive in difficoltà, questi devono rigare dritto o sono guai! Coi padroni, invece, qualche bel aperitivo. Facile eh?
Siamo quasi alla fine. Al nono posto sta l’aver trasformato Monfalcone in un laboratorio del peggior governo delle destre. Mentre i problemi concreti della città si lasciano affogare in una marea di propaganda questa amministrazione ha sempre assai tempo per intestarsi battaglie di pura e semplice ideologia dove mettersi in prima fila. Monfalcone un tempo è stata conosciuta per essere la città dove si costruivano i sommergibili, e dopo le belle navi da crociera. Grazie a lei, sfogliando la stampa nazionale, scopriamo che in questi anni Monfalcone è salita agli onori delle cronache per la censura dei giornali in biblioteca, per i bambini lasciati fuori dagli asili, per le multe comminate agli operai in tuta da lavoro, per le panchine scomparse dal centro, per la vergognosa distinzione tra profughi veri e fasulli.
Ed infine, in chiusura di questo decalogo, un tratto che forse non salta immediatamente agli occhi. Il talento di dire e non dire. Mentre, da una parte, si pratica il presenzialismo ossessivo, dall’altra, quando c’è da prendere posizione, da scegliere su un tema difficile o controverso, la nostra sindaca scompare. Un solo esempio: visto che ha sempre molto da dire su tutto, come mai neanche una parola sulla terrificante guerra che Putin e i suoi carri armati hanno scatenato in Ucraina? Oggi da parte di tanti dirigenti leghisti c’è in corso il tentativo di farci dimenticare quanto, in questi anni, da quella parte Putin sia stato preso a modello per un certo modo di fare governo e essere di destra. Vi ricordate la maglietta di Salvini in Polonia? Ecco, chissà perché su questo la nostra Sindaca non ha pensato di chiarire nulla con una bella diretta. Chissà perché…
Ecco, dunque, il decalogo di come si è amministrato assai male il nostro comune. Noi vogliamo fare esattamente il contrario. Fare un lavoro di squadra, guardare al futuro dire la verità ed essere seri nei confronti dei cittadini, non dividere la città, ascoltare tutti e amministrare in nome di tutta la comunità. Soprattutto, infine, pensare a Monfalcone e non a noi stessi. Per questo chiederemo a giugno la vostra fiducia.